Il picchiettare della pioggia sui
vetri ritma le ore lente che passano sdraiata a letto,
il cielo grigio trasmette nella stanza una strana luce
attraverso i vetri bagnati.
Il sole pallido si
affaccia tra le nuvole come sfocato, con occhi stanchi
cerco tra le pagine quella fotografia sbiadita dal tempo
che narra di giorni di gioia vissuti tra campi coltivati
di papaveri rincorrendo la vita che scappava
veloce.
Avevo 15 anni , e tutto mi appariva semplice,
la vita stessa, colorava i suoi giorni con i colori
dell’arcobaleno e la mia gioia era pari al vento che
soffiava impetuoso.
Poi, ecco apparire come da un
sogno, il mio primo amore,l’unico scopo della mia vita,
e tutto cominciava a girare intorno a lui,come se niente
fosse piu’ importante,alto con due occhi neri come la
notte un viso dolce contornato da lunghi capelli neri
che lo facevano apparire come un angelo
.
All’improvviso si apre la porta,ed appare una donna
con i capelli raccolti sopra la testa grigia,le sue mani
piccole ed ossute cercano nella borsetta un piccolo e
profumato fazzoletto che tenta di nascondere una piccola
lacrima d’argento che tradisce il suo sorriso.Mi guarda
con i suoi occhi scavati da una lunga vita di fatica,poi
come volesse sciogliere tutto il suo amore in una
carezza ,mi abbraccia il viso, baciandomi sulla fronte.
Dietro di lei un uomo ormai stanco di tutto e silenzioso
che accarezzandosi tra i radi capelli bisbiglia qualcosa
tra i denti ,ma nessuno sembra sentirlo.avvolto nel suo
nero cappotto con un cappello tra le mani , spinge fuori
di se un amaro sorriso sulle labbra che sembrano
trasformarsi in una smorfia,in fondo non e’ mai stato
capace di fingere, e bisogna conoscerlo, mio padre,prima
di poter capire il significato di ogni suo gesto.
Ecco la fotografia che cercavo, le mie prime ferie
con lui,al mare una spiaggia solitaria un tramonto che
dipinge ogni cosa con i colori dell’anima,ma in fondo,
io allora non riuscivo a comprendere.
Tutto cio’ che
capivo era la gioia che in quel momento squarciava in me
ogni centimetro del mio corpo come in un sogno da cui
non vorresti mai svegliarti mi sentivo precipitare in un
vortice di sensazioni mai provate prima che mi
intontivano, fino a farmi perdere ogni contatto con la
realta’.
Il sole era appena tramontato e noi due
stesi sulla spiaggia con le nostre mani che si cercavano
assaporavamo ogni momento come se fosse l’ultimo, poi la
corsa verso il mare che ci aspettava , e ci accoglieva
nel suo grembo come una mamma in attesa dei suoi
piccoli.Tu mi accompagnasti in acqua guardandomi negli
occhi, il tuo caldo sorriso mi rassicurava,mi
abbracciava in una stretta d’amore piu’ grande del mio
stesso amore ,nuotammo fino agli scogli vi salimmo con
il cuore che picchiava forte dentro il petto, tanto, che
sembrava volesse uscirne. All’improvviso le tue labbra
sulle mie e le tue mani che sfiorano la mia pelle i
nostri corpi in un’abbraccio improvviso che sembrano
volersi sciogliere insieme,una vampata di caldo sale
dentro di me come un fuoco eterno che brucia senza
consumare mi fanno scottare la pelle fredda nel buio
della sera illuminata da un tramonto d’amore.
Alla
porta un leggero tocco e una ragazza appare, sembra un
angelo, un dolce viso circondato da lunghi capelli
biondi con occhi profondi e blu che sembrano saper
scrutare dentro il cuore delle persone , mi avvicino a
lei e gli porgo quella fotografia ma sembra non vederla
cosi’ ci sediamo sopra il letto una di fianco all’altra
e mentre ci teniamo la mano vedo tra le sue dita una
fotografia di quando eravamo felici e spensierate ,
abbracciate, guardavamo l’obbiettivo cosi’ come
guardavamo la vita ,con fiducia, consapevoli di cio’ che
ci aspettava, ma forse ora non sei in grado di vedermi o
di sentirmi.
D’un tratto la piccola ed ossuta mano di
mia madre si appoggia delicatamente sulla spalla di
Lucia
lei si volta e i loro sguardi si incontrano
Lucia l’abbraccia come volesse entrare dentro di lei i
suoi occhi si riempiono di lacrime mentre si sorregge a
lei quasi svenuta con l’anima a pezzi ed un cuore oramai
spento,mio padre si avvicina coprendole con tutto il suo
amore in un abbraccio colmo di tenerezza quasi volesse
far svanire la tristezza ,io li guardo allontanarsi non
riesco neanche a parlare ,ma il mio cuore vorrebbe
urlare tutto il suo dolore dicendogli “fermi, “IO VI
AMO”ma il mio corpo sembra incapace di fare qualunque
movimento , ai piedi del mio letto resto immobile
.
Torno a letto coprendomi fino agli occhi a voler
scacciare tutti i pensieri tristi chiudendomi dentro me
stessa fino a quando dalla porta entra lui Sandro.
E’
sempre bello, alto, con le spalle che sembrano scoppiare
dentro la sua giacca, le mani strette come in preghiera
,quelle mani forti che mi hanno fatto sognare e provare
mille emozioni quando mi stringevano, Mi sollevo, e
resto cosi’, a guardarlo, i suoi occhi sembrano
sfiorarmi in una dolce carezza e le sue labbra socchiuse
sembrano parlarmi , ma tace, immobile , esco dalle
lenzuola avvicinandomi a carponi verso di lui, finche mi
alzo e le nostre labbra si sfiorano,lui comincia a
parlare e la sua voce mi accarezza dolcemente portandomi
indietro nel tempo in un vortice d’emozioni .
Ricordi
il giorno in cui ci siamo conosciuti? Io ti aspettavo
fuori dalla scuola,con un mazzo di fiori in mano, dentro
quei jeans di due taglie almeno piu’ grandi , e tu
arrivasti ,come al solito in ritardo.
Io ti dissi
–salve vorrei donare dei fiori al fiore piu’ bello di
questo giardino- ricordi? Ero sudato ed imbranato non
sapevo cio’ che dicevo , ma tu fosti comprensiva con me,
prendesti i fiori portandoli al viso inebriandoti del
loro profumo , poi mi guardasti negli occhi , sorridesti
e piegando la testa a lato dicesti- anche io ti
amo-.
Poi il nostro primo bacio, sotto la quercia al
parco,senza farsi scoprire da nessuno , io lo ricordo
ancora ,come se fosse successo ieri, ricordo il tremore
che abbiamo provato,la paura che bloccava ogni nostro
pensiero , poi un giorno,non so’ come, io ti
chiesi,-vuoi essere mia sposa?- tu facesti il sorriso
piu’ bello che mai un uomo abbia ricevuto eri radiosa e
fu cosi’ che tu mi dicesti-ne sarei molto onorata
messere- .
Si mi ricordo , ricordo tutto ,anche il
giorno del nostro matrimonio,quando io entrai in chiesa
accompagnata da mio padre ,che tremava piu’ di me, e non
so , chi fu ad accompagnare fino all’ altare , forse lo
facemmo l’uno con l’altra . E tu, davanti all’altare,
sembravi una statua imponente anche se gli occhi erano
colmi d’emozione poi finalmente i nostri “SI” per tutta
la vita , gia’ la vita.
Questo e’ cio’ che avrei
dovuto dirti.
Ed io restai ancora una volta da sola
,avvolta dai miei pensieri che si accavallavano l’uno
sopra l’altro in un susseguirsi di emozioni vorticose
mentre la pioggia continuava a picchiare sopra la
finestra, piccoli rigagnoli segnavano i vetri come la
mia vita aveva segnato il diario del mio passato, si, il
mio diario che tutte le sere mi preoccupavo di riempire
, con un’ansia da collegiale. Quel diario silenzioso
complice che mi ha accompagnato fino a oggi.
Mi alzo
dal letto, e mi avvicino alla finestra , resto li a
fissare la vita scorrere in quella strada , passa un
signore con un cane al suo fianco, un piccolo bastardino
marrone, che annusa un’albero, alza la gamba e fa pipi ,
poi corre verso il suo padrone che lo aspetta impaziente
.
All’angolo della strada,una ragazza e’ in attesa di
qualcuno, inganna l’attesa telefonando in
continuazione,poi finalmente un ragazzo arriva sopra una
rombante motocicletta ed insieme se ne vanno.
Alzo lo
sguardo verso il cielo, le nuvole sono sempre piu’
grigie e la pioggia continua incessante con il suo
ticchettio, le foglie cominciano a cadere accompagnando
le goccie di pioggia fino a terra dove uno spazzino un
giorno le raccogliera’.
Un rumore, mi risveglia dal
torpore dei miei pensieri, mi volto con l’ansia che mi
assale come a scuola prima di una interrogazione,ma e’
solo un infermiera che passa con un carrello.
Torno
alla finestra dove mi assale prepotente un ricordo della
mia vita che credevo oramai dimenticato , ma certo in
questo momento, non poteva non ritornare.
Era un
giorno d’estate, uno di quei giorni caldi e afosi che
passi a bere e mangiare gelati davanti al ventilatore, i
miei vent’ anni erano un tumulto di emozioni di passioni
vorticose che morivano con l’arrivo dell’autunno , e
come le foglie cadevano dagli alberi,passavano anche le
mie stagioni d’amore.
Fu una lite sciocca, come
tante, quelle che si consumo’ quel giorno con i miei
genitori,
un’adolescente impetuosa, che non si
rassegna alle regole, che genitori colmi d’ amore,
cercano di dare ai propri figli.
Ma quel giorno mi
sentii stretta come in una morsa , e cio’ che usciva
dalle loro labbra mi feriva profondamente , io non
sopportavo piu’ i loro pensieri , i loro modi , cosi’
come un aquilone sfugge di mano al bambino, le parole mi
volavano fuori con rabbia, quasi volessi punirli di cio’
che io sentivo dentro.
Non mi sentivo piu’ una
bambina, una piccola bambola di pezza,che si poteva
trattare con indifferenza , legata ancora a quel ruolo
di figlia inesperta del mondo e degli uomini, mi sentivo
umiliata,nel sentirmi dire cosa potevo o cosa non potevo
fare.
Cosi’ dal quel giorno imparai a mentire, a
nascondere ogni mio pensiero, ogni mia emozione,
tagliando cosi’ quel cordone che ancora mi teneva legata
ai miei genitori, impedendomi di dire loro”vi voglio
bene”, ma io avevo vent’anni , ed avevo il diritto di
vivere la mia vita come volevo,o almeno lo
credevo.
Il sole comincia a salire dietro le case,
riportando la vita per le strade assonnate, i primi
passanti avvolti nei loro cappotti camminano veloci
incontro al loro destino, una leggera brezza scuote i
rami degli alberi facendo cadere alcune foglie che si
posano dolcemente sul marciapiede dove persone
frettolose le calpesteranno, io dietro a questo vetro
resto immobile a guardare , senza accorgermi che sono
ormai tutti qui’.
Eccoci qua’ , finalmente tutti
insieme, uno vicino all’altra , stretti nell’amore che
ci unisce pietoso. Dalla finestra ,resto a guardare cio’
che avviene i miei cari genitori, la mia dolcissima
sorella, il mio primo ed unico amore, tutti qui con me ,
questa camera d’ospedale sembra cosi’ piccola per poter
contenere tutto l’amore che ci scambiamo in silenzio, ma
nel silenzio si possono udire i lamenti dell’anima, nel
silenzio si puo’ sentire le lacrime dei nostri cuori che
piangono. Con occhi oramai gonfi di lacrime posso vedere
mia sorella che si stringe a nostra madre, mio padre che
piange , ed io vicina alla finestra resto qui’ a
guardare tutti loro , in silenzio…….in silenzio.
Non
vi ho potuto dire quanto io vi abbia amato,non vi ho
potuto dire quanto io abbia avuto bisogno di voi,o
forse…. Non ho voluto. Ed ora e’ troppo tardi, non si
puo’ tornare indietro, non si puo’……… non si puo’.
Con quanta gioia ero andata con mio marito, alla
prima visita , portavo dentro di me il frutto del nostro
amore, la prima ecografia che faceva di noi le persone
piu’ felici del mondo, l’emozione era forte e con la tua
mano che si fondeva nella mia,ascoltavamo increduli
invece, quel dottore cosi’ contrito nel dirci con falsa
pena,-mi dispiace, lei ha un tumore,ma e’ troppo esteso
per poter fare qualcosa.- mi dispiace disse,mi
dispiace,le restano pochi mesi di vita.
Pochi mesi
diceva, ma si sbagliava, non erano mesi,ma giorni,mi
dispiace, cosi non feci in tempo a festeggiare il mio
28° compleanno,non feci in tempo a dire a tutti quanto
li amavo non feci in tempo a dire…..ho paura.
E
quando ho sentito la vita fuggire da me non feci in
tempo a dire addio, ricordatevi di me,delle mie
gioie,dei miei dolori,delle mie paure. Non volevo morire
non volevo arrendermi,ma la morte non aspetta,la morte
non ascolta le urla dell’anima che implora di lasciarla
vivere la morte non vede un cuore straziato che chiede
solo pieta’e si attacca con le unghie ad una speranza di
vita,ma….. e’ troppo tardi per me.
In un dolore
composto,assistiamo l’uomo mentre chiude la mia
cassa,mentre mette il coperchio sulla mia vita, mentre
chiude per sempre tutto il mio amore e la mia
gioia.
Ma allora questa e’ la morte?……….. Un attesa
infinita per poter gridare tutto cio’ che la nostra
umana condizione non ci permette di dire, accecati
dall’egoismo,annientati dalla presunzione la nostra
anima vaga sulla terra, finche’ la morte ci
sveglia!
Quanto dolore, quanta disperazione in quei
volti tanto amati, ed io che vorrei urlare “IO SONO QUI
CON VOI E VI AMO” ma e’ inutile, anime straziate unite
nell’amore, ora posso sentire, ora posso vedere, ora
posso e voglio………ma e’ troppo tardi
Ricomincia a
piovere, sui viali del cimitero, sui cipressi, sulle
tombe…..e su di me.
Sono rimasta sola sulla mia
tomba,tutti sono andati via,solo una vecchina che veglia
sulla lapide del marito, e un giardiniere che sistema
dei fiori,quanto silenzio,quanta solitudine.
avrei
voluto fare e dire tante cose, ma nessuno mi sentiva,
nessuno mi vedeva in quella stanza d’ospedale, ero
vicina a voi tutti vi accarezzavo,vi baciavo ma nessuno
riusciva a sentirmi solo il picchiettare della pioggia
sui vetri e il suono delle lacrime che scivolavano sul
pavimento accompagnavano il mio dolore.Questa, e’ la
mia verita’.
Danilo Pajoli
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