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sabato 5 gennaio 2013

La mia verità

Il picchiettare della pioggia sui vetri ritma le ore lente che passano sdraiata a letto, il cielo grigio trasmette nella stanza una strana luce attraverso i vetri bagnati.
Il sole pallido si affaccia tra le nuvole come sfocato, con occhi stanchi cerco tra le pagine quella fotografia sbiadita dal tempo che narra di giorni di gioia vissuti tra campi coltivati di papaveri rincorrendo la vita che scappava veloce.
Avevo 15 anni , e tutto mi appariva semplice, la vita stessa, colorava i suoi giorni con i colori dell’arcobaleno e la mia gioia era pari al vento che soffiava impetuoso.
Poi, ecco apparire come da un sogno, il mio primo amore,l’unico scopo della mia vita, e tutto cominciava a girare intorno a lui,come se niente fosse piu’ importante,alto con due occhi neri come la notte un viso dolce contornato da lunghi capelli neri che lo facevano apparire come un angelo .
All’improvviso si apre la porta,ed appare una donna con i capelli raccolti sopra la testa grigia,le sue mani piccole ed ossute cercano nella borsetta un piccolo e profumato fazzoletto che tenta di nascondere una piccola lacrima d’argento che tradisce il suo sorriso.Mi guarda con i suoi occhi scavati da una lunga vita di fatica,poi come volesse sciogliere tutto il suo amore in una carezza ,mi abbraccia il viso, baciandomi sulla fronte. Dietro di lei un uomo ormai stanco di tutto e silenzioso che accarezzandosi tra i radi capelli bisbiglia qualcosa tra i denti ,ma nessuno sembra sentirlo.avvolto nel suo nero cappotto con un cappello tra le mani , spinge fuori di se un amaro sorriso sulle labbra che sembrano trasformarsi in una smorfia,in fondo non e’ mai stato capace di fingere, e bisogna conoscerlo, mio padre,prima di poter capire il significato di ogni suo gesto.
Ecco la fotografia che cercavo, le mie prime ferie con lui,al mare una spiaggia solitaria un tramonto che dipinge ogni cosa con i colori dell’anima,ma in fondo, io allora non riuscivo a comprendere.
Tutto cio’ che capivo era la gioia che in quel momento squarciava in me ogni centimetro del mio corpo come in un sogno da cui non vorresti mai svegliarti mi sentivo precipitare in un vortice di sensazioni mai provate prima che mi intontivano, fino a farmi perdere ogni contatto con la realta’.

Il sole era appena tramontato e noi due stesi sulla spiaggia con le nostre mani che si cercavano assaporavamo ogni momento come se fosse l’ultimo, poi la corsa verso il mare che ci aspettava , e ci accoglieva nel suo grembo come una mamma in attesa dei suoi piccoli.Tu mi accompagnasti in acqua guardandomi negli occhi, il tuo caldo sorriso mi rassicurava,mi abbracciava in una stretta d’amore piu’ grande del mio stesso amore ,nuotammo fino agli scogli vi salimmo con il cuore che picchiava forte dentro il petto, tanto, che sembrava volesse uscirne. All’improvviso le tue labbra sulle mie e le tue mani che sfiorano la mia pelle i nostri corpi in un’abbraccio improvviso che sembrano volersi sciogliere insieme,una vampata di caldo sale dentro di me come un fuoco eterno che brucia senza consumare mi fanno scottare la pelle fredda nel buio della sera illuminata da un tramonto d’amore.
Alla porta un leggero tocco e una ragazza appare, sembra un angelo, un dolce viso circondato da lunghi capelli biondi con occhi profondi e blu che sembrano saper scrutare dentro il cuore delle persone , mi avvicino a lei e gli porgo quella fotografia ma sembra non vederla cosi’ ci sediamo sopra il letto una di fianco all’altra e mentre ci teniamo la mano vedo tra le sue dita una fotografia di quando eravamo felici e spensierate , abbracciate, guardavamo l’obbiettivo cosi’ come guardavamo la vita ,con fiducia, consapevoli di cio’ che ci aspettava, ma forse ora non sei in grado di vedermi o di sentirmi.

  D’un tratto la piccola ed ossuta mano di mia madre si appoggia delicatamente sulla spalla di Lucia
lei si volta e i loro sguardi si incontrano Lucia l’abbraccia come volesse entrare dentro di lei i suoi occhi si riempiono di lacrime mentre si sorregge a lei quasi svenuta con l’anima a pezzi ed un cuore oramai spento,mio padre si avvicina coprendole con tutto il suo amore in un abbraccio colmo di tenerezza quasi volesse far svanire la tristezza ,io li guardo allontanarsi non riesco neanche a parlare ,ma il mio cuore vorrebbe urlare tutto il suo dolore dicendogli “fermi, “IO VI AMO”ma il mio corpo sembra incapace di fare qualunque movimento , ai piedi del mio letto resto immobile .
Torno a letto coprendomi fino agli occhi a voler scacciare tutti i pensieri tristi chiudendomi dentro me stessa fino a quando dalla porta entra lui Sandro.
E’ sempre bello, alto, con le spalle che sembrano scoppiare dentro la sua giacca, le mani strette come in preghiera ,quelle mani forti che mi hanno fatto sognare e provare mille emozioni quando mi stringevano, Mi sollevo, e resto cosi’, a guardarlo, i suoi occhi sembrano sfiorarmi in una dolce carezza e le sue labbra socchiuse sembrano parlarmi , ma tace, immobile , esco dalle lenzuola avvicinandomi a carponi verso di lui, finche mi alzo e le nostre labbra si sfiorano,lui comincia a parlare e la sua voce mi accarezza dolcemente portandomi indietro nel tempo in un vortice d’emozioni .
Ricordi il giorno in cui ci siamo conosciuti? Io ti aspettavo fuori dalla scuola,con un mazzo di fiori in mano, dentro quei jeans di due taglie almeno piu’ grandi , e tu arrivasti ,come al solito in ritardo.
Io ti dissi –salve vorrei donare dei fiori al fiore piu’ bello di questo giardino- ricordi? Ero sudato ed imbranato non sapevo cio’ che dicevo , ma tu fosti comprensiva con me, prendesti i fiori portandoli al viso inebriandoti del loro profumo , poi mi guardasti negli occhi , sorridesti e piegando la testa a lato dicesti- anche io ti amo-.
Poi il nostro primo bacio, sotto la quercia al parco,senza farsi scoprire da nessuno , io lo ricordo ancora ,come se fosse successo ieri, ricordo il tremore che abbiamo provato,la paura che bloccava ogni nostro pensiero , poi un giorno,non so’ come, io ti chiesi,-vuoi essere mia sposa?- tu facesti il sorriso piu’ bello che mai un uomo abbia ricevuto eri radiosa e fu cosi’ che tu mi dicesti-ne sarei molto onorata messere- .
Si mi ricordo , ricordo tutto ,anche il giorno del nostro matrimonio,quando io entrai in chiesa accompagnata da mio padre ,che tremava piu’ di me, e non so , chi fu ad accompagnare fino all’ altare , forse lo facemmo l’uno con l’altra . E tu, davanti all’altare, sembravi una statua imponente anche se gli occhi erano colmi d’emozione poi finalmente i nostri “SI” per tutta la vita , gia’ la vita.
Questo e’ cio’ che avrei dovuto dirti.
Ed io restai ancora una volta da sola ,avvolta dai miei pensieri che si accavallavano l’uno sopra l’altro in un susseguirsi di emozioni vorticose mentre la pioggia continuava a picchiare sopra la finestra, piccoli rigagnoli segnavano i vetri come la mia vita aveva segnato il diario del mio passato, si, il mio diario che tutte le sere mi preoccupavo di riempire , con un’ansia da collegiale. Quel diario silenzioso complice che mi ha accompagnato fino a oggi.
Mi alzo dal letto, e mi avvicino alla finestra , resto li a fissare la vita scorrere in quella strada , passa un signore con un cane al suo fianco, un piccolo bastardino marrone, che annusa un’albero, alza la gamba e fa pipi , poi corre verso il suo padrone che lo aspetta impaziente .
All’angolo della strada,una ragazza e’ in attesa di qualcuno, inganna l’attesa telefonando in continuazione,poi finalmente un ragazzo arriva sopra una rombante motocicletta ed insieme se ne vanno.
Alzo lo sguardo verso il cielo, le nuvole sono sempre piu’ grigie e la pioggia continua incessante con il suo ticchettio, le foglie cominciano a cadere accompagnando le goccie di pioggia fino a terra dove uno spazzino un giorno le raccogliera’.
Un rumore, mi risveglia dal torpore dei miei pensieri, mi volto con l’ansia che mi assale come a scuola prima di una interrogazione,ma e’ solo un infermiera che passa con un carrello.
Torno alla finestra dove mi assale prepotente un ricordo della mia vita che credevo oramai dimenticato , ma certo in questo momento, non poteva non ritornare.
Era un giorno d’estate, uno di quei giorni caldi e afosi che passi a bere e mangiare gelati davanti al ventilatore, i miei vent’ anni erano un tumulto di emozioni di passioni vorticose che morivano con l’arrivo dell’autunno , e come le foglie cadevano dagli alberi,passavano anche le mie stagioni d’amore.
Fu una lite sciocca, come tante, quelle che si consumo’ quel giorno con i miei genitori,
un’adolescente impetuosa, che non si rassegna alle regole, che genitori colmi d’ amore, cercano di dare ai propri figli.
Ma quel giorno mi sentii stretta come in una morsa , e cio’ che usciva dalle loro labbra mi feriva profondamente , io non sopportavo piu’ i loro pensieri , i loro modi , cosi’ come un aquilone sfugge di mano al bambino, le parole mi volavano fuori con rabbia, quasi volessi punirli di cio’ che io sentivo dentro.
Non mi sentivo piu’ una bambina, una piccola bambola di pezza,che si poteva trattare con indifferenza , legata ancora a quel ruolo di figlia inesperta del mondo e degli uomini, mi sentivo umiliata,nel sentirmi dire cosa potevo o cosa non potevo fare.
Cosi’ dal quel giorno imparai a mentire, a nascondere ogni mio pensiero, ogni mia emozione, tagliando cosi’ quel cordone che ancora mi teneva legata ai miei genitori, impedendomi di dire loro”vi voglio bene”, ma io avevo vent’anni , ed avevo il diritto di vivere la mia vita come volevo,o almeno lo credevo.
Il sole comincia a salire dietro le case, riportando la vita per le strade assonnate, i primi passanti avvolti nei loro cappotti camminano veloci incontro al loro destino, una leggera brezza scuote i rami degli alberi facendo cadere alcune foglie che si posano dolcemente sul marciapiede dove persone frettolose le calpesteranno, io dietro a questo vetro resto immobile a guardare , senza accorgermi che sono ormai tutti qui’.
Eccoci qua’ , finalmente tutti insieme, uno vicino all’altra , stretti nell’amore che ci unisce pietoso. Dalla finestra ,resto a guardare cio’ che avviene i miei cari genitori, la mia dolcissima sorella, il mio primo ed unico amore, tutti qui con me , questa camera d’ospedale sembra cosi’ piccola per poter contenere tutto l’amore che ci scambiamo in silenzio, ma nel silenzio si possono udire i lamenti dell’anima, nel silenzio si puo’ sentire le lacrime dei nostri cuori che piangono. Con occhi oramai gonfi di lacrime posso vedere mia sorella che si stringe a nostra madre, mio padre che piange , ed io vicina alla finestra resto qui’ a guardare tutti loro , in silenzio…….in silenzio.
Non vi ho potuto dire quanto io vi abbia amato,non vi ho potuto dire quanto io abbia avuto bisogno di voi,o forse…. Non ho voluto. Ed ora e’ troppo tardi, non si puo’ tornare indietro, non si puo’……… non si puo’.
Con quanta gioia ero andata con mio marito, alla prima visita , portavo dentro di me il frutto del nostro amore, la prima ecografia che faceva di noi le persone piu’ felici del mondo, l’emozione era forte e con la tua mano che si fondeva nella mia,ascoltavamo increduli invece, quel dottore cosi’ contrito nel dirci con falsa pena,-mi dispiace, lei ha un tumore,ma e’ troppo esteso per poter fare qualcosa.- mi dispiace disse,mi dispiace,le restano pochi mesi di vita.
Pochi mesi diceva, ma si sbagliava, non erano mesi,ma giorni,mi dispiace, cosi non feci in tempo a festeggiare il mio 28° compleanno,non feci in tempo a dire a tutti quanto li amavo non feci in tempo a dire…..ho paura.
E quando ho sentito la vita fuggire da me non feci in tempo a dire addio, ricordatevi di me,delle mie gioie,dei miei dolori,delle mie paure. Non volevo morire non volevo arrendermi,ma la morte non aspetta,la morte non ascolta le urla dell’anima che implora di lasciarla vivere la morte non vede un cuore straziato che chiede solo pieta’e si attacca con le unghie ad una speranza di vita,ma….. e’ troppo tardi per me.
In un dolore composto,assistiamo l’uomo mentre chiude la mia cassa,mentre mette il coperchio sulla mia vita, mentre chiude per sempre tutto il mio amore e la mia gioia.
Ma allora questa e’ la morte?……….. Un attesa infinita per poter gridare tutto cio’ che la nostra umana condizione non ci permette di dire, accecati dall’egoismo,annientati dalla presunzione la nostra anima vaga sulla terra, finche’ la morte ci sveglia!
Quanto dolore, quanta disperazione in quei volti tanto amati, ed io che vorrei urlare “IO SONO QUI CON VOI E VI AMO” ma e’ inutile, anime straziate unite nell’amore, ora posso sentire, ora posso vedere, ora posso e voglio………ma e’ troppo tardi

Ricomincia a piovere, sui viali del cimitero, sui cipressi, sulle tombe…..e su di me.
Sono rimasta sola sulla mia tomba,tutti sono andati via,solo una vecchina che veglia sulla lapide del marito, e un giardiniere che sistema dei fiori,quanto silenzio,quanta solitudine.
avrei voluto fare e dire tante cose, ma nessuno mi sentiva, nessuno mi vedeva in quella stanza d’ospedale, ero vicina a voi tutti vi accarezzavo,vi baciavo ma nessuno riusciva a sentirmi solo il picchiettare della pioggia sui vetri e il suono delle lacrime che scivolavano sul pavimento accompagnavano il mio dolore.Questa, e’ la mia verita’.

                                                                                            Danilo Pajoli 

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